Dylan e Caitlin partirono per l'Italia ai primi d'aprile, con i loro due bambini, la sorella di Caitlin Brigit e il suo figlioletto Tobias. Andarono anzitutto a Rapallo.


al Signor D. J. Thomas e Signora
11 aprile 1947

Villa Cuba, San Michele di Pagana, Rapallo

 

Cari mamma e papà,
  non so che cosa vi arriverà prima, se questa lettera o una cartolina illustrata da Rapallo. Ma lo scopo di entrambe è lo stesso, e molto ovvio: dirvi che siamo tutti
Caitlin, Brigit, Llewelyn, Aeronwy, Tobias ed io arrivati sani e salvi in Italia dopo tre giorni di viaggio. Tre giorni davvero spossanti. Avevamo prenotato i posti da Londra a Roma è necessario prenotare molto tempo prima i posti sul vagone letto prima ancora di sapere dove eravamo diretti. E così, quando ci siamo decisi per Rapallo, abbiamo dovuto viaggiare ugualmente sul rapido Calais-Milano-Roma, e questo ha significato che siamo stati costretti ad attraversare la Svizzera. Se avessimo prenotato via Genova, avremmo evitato l'intera deviazione Svizzera. E il viaggio sarebbe stato abbreviato di un giorno. Ma non ci si poteva far niente. Una delle seccature è consistita nel fatto che il nostro bagaglio è rimasto indietro alla frontiera italo-svizzera, e che a Caitlin e a me è spettato il compito infernale la mattina dopo, mentre Brigit badava ai tre bambini, di dare la caccia al bagaglio nelle viscere della stazione di Milano, interrogando senza posa funzionari burocratici in una giungla di lingue, facendo la coda davanti a sportelli che non erano quelli giusti, corrompendo i doganieri con sigarette inglesi, cambiando banconote da una sterlina in lire del mercato nero, trascinando i bambini fuori dell'albergo su tassì traballanti e temerari, e riuscendo soltanto per un pelo a prendere il treno. Milano è una gigantesca città-incubo. La neve e la pioggia erano cessate appena prima che arrivassimo... uno o due giorni prima. Le vie immensamente lunghe e larghe, che attraversano, o così sembra, l'intera città, erano calde come un forno e polverose, sferraglianti di grandi tram gremiti e in corsa, scoppiettanti di piccole motociclette-giocattolo; v'erano ragazzi «fermami-e-comprane-uno» in bicicletta che vendevano non coni gelati, ma bottiglie di Chianti, e sinistri poliziotti armati dalla faccia torva. Brigit è rimasta in albergo e Caitlin ed io abbiamo girato per la città e per i caffè sotto il sole bollente, parlando il nostro zoppicante italiano. Conosco una dozzina di frasi, metà delle quali probabilmente sbagliate; Caitlin tiene lunghi discorsi dal tono imponente, che pochi riescono a capire. Ma spero di imparare abbastanza presto un vocabolario che funzioni; le parole riesco a ricordarle, la grammatica no. Dovrò impararla, temo, nel modo più uggioso, con un libro di testo.
  La parte peggiore del viaggio è stata la più breve: da Genova a Rapallo: un treno asmatico che strisciava e sobbalzava sui ponti, sui ponti appena costruiti o addirittura in corso di costruzione. Quasi tutti i ponti lungo la Riviera italiana sono stati fatti saltare in aria, o dai tedeschi o dagli inglesi, ancora non sono stato abbastanza coraggioso per domandarlo, né linguisticamente capace di porre la domanda.

  San Michele si trova a circa un chilometro e mezzo da Rapallo: a metà strada tra Rapallo e Santa Margherita: non lontano da Portofino. È un villaggio adorabile. Il nostro piccolo albergo caro; non potremo trattenerci qui a lungo è proprio sul mare; i balconi della nostra camera da letto sono sopra l'acqua. Alte colline dietro il villaggio, coperte di ville, di abeti, di ulivi, ville meravigliose, rosa, rosse, bianche, turrite, con pinnacoli, torte di Natale barocche; il mare è di un vivido azzurro, il ciclo di un azzurro molto intenso è senza nubi. È così bello sdraiarsi al sole accanto al mare; incredibile dopo questo inverno. Vorrei che poteste entrambi essere qui. Scrivete presto, per favore, molto presto, e ditemi come state. Soprattutto papa. L'ultima volta che la mamma ha scritto, era di nuovo indisposto e sofferente. Spero di vero cuore, più di ogni altra cosa, che adesso stia meglio. Fatecelo sapere subito, ora che avete il nostro indirizzo (provvisorio). Sembra tutto ingiusto, noi qui sotto il gran sole, sulla Riviera, e papa, al quale, ne sono certo, gioverebbe moltissimo un completo cambiamento di clima, indisposto.
  Stamane siamo arrivati a piedi fino a Rapallo, ma laggiù non ci è rimasto molto tempo. Il lungomare è tutto enorme; alberghi e caffè lussuosi, gremiti dai ricchi; come a Nizza o a Mentone. Ma il poco che abbiamo veduto della cittadina vera e propria è celestiale. Max Beerbohm risiede qui, sebbene non sappia dove; in qualche villa meravigliosa tra gli uliveti, forse. Qui abitava un tempo Ezra Pound; e qui, inoltre, impazzì.
  Ho ricevuto stamane una lettera di Edith Sitwell, alla quale si deve soprattutto se siamo potuti venire. È la presidentessa del Comitato viaggi della Società degli autori, che di quando in quando distribuisce denaro agli scrittori perché girino il mondo. A proposito di soldi: la banca dà novecento lire per una sterlina; il Mercato libero, come è denominato, ne dà milleottocento. Questa regione
e invero, credo, gran parte del Nord sembra essere ben rifornita di viveri. In questi ultimi due giorni abbiamo mangiato cibi eccellenti, cucinati in modo superlativo; il pranzo consiste di ottimi spaghetti con salsa abbondante, seguiti da pane e formaggio (formaggi di ogni qualità; quello che preferisco è il gorgonzola), seguiti da mele o arance o fichi, e poi il caffè. Insieme al pasto sempre vino rosso.
  È bello vedere le arance crescere intorno a noi.
  Scrivete presto e altrettanto farò io. La settimana prossima andrò, solo con Caitlin, a Roma, per parlare delle conferenze al British Council. Spero inoltre di ottenere una lettera di presentazione ad uno dei pezzi grossi del cinema italiano, un ebreo russo-americano. Vi farò sapere quel che accadrà.
  Ora scrivete presto e raccontateci tutto. Spero in nome di Dio che papà stia meglio. Tutti quelli che sono con me mandano il loro affetto. Ed io mando tutto il mio.

 

Dylan

 

- - - – o – - - -


a Margaret Taylor
12 aprile 1947

Villa Cuba, San Michele di Pagana, Rapallo

 

Mia cara Margaret,
  mi è spiaciuto profondamente non averti veduta; fino all'ultimo, grigio, rovinoso momento ho creduto che, in qualche modo, sarei potuto tornare per dirti au revoir, grazie di troppe mille cose che contano, soprattutto della tua lealtà nei miei confronti quando ero un misero rottame, malato, sgarbato, nervosissimo, smarrito, completamente indegno di fede o di affetto, di tutto tranne una sorta di scaldante commiserazione. Volevo ringraziarti per la tua più che bontà con Llewelyn e con Aeron, che tu hai aiutati a star bene; con Cat e me, che tu hai ospitati quando ci trovavamo in pasticci terribili; con me, nei cui confronti sei stata gentilissima. Spero tanto che tu possa aiutarci a trovare una casa a Oxford o vicino a Oxford, in modo che possiamo vederci. Desidero moltissimo tornare a Oxford. Oh, in qualunque posto una casa. Senza una casa mi sento perduto. Sono domestico come una pantofola, voglio qualcosa di mio, sono abbastanza avanti negli anni ormai, voglio una casa in cui gridare, dormire e lavorare. Aiutami, ti prego; anche se non merito niente.
  Il viaggio è andato dapprima bene, poi piuttosto male, poi è stato disastroso, quindi è tornato ad andar bene e poi male. Il disastro è accaduto alla frontiera svizzera, quando abbiamo perduto i bagagli. Non avremmo dovuto in nessun caso passare per la Svizzera. Abbiamo ritrovato i bagagli finalmente, dopo un'eternità, nelle profonde, profonde latebre sotto la stazione di Milano, percorrendo corridoi alla Ufa, entrando in celle alla Kafka e in templi di ingiustizia. La nostra ignoranza dell'italiano ha contribuito. In stanze con sbarre d'acciaio, ove Mussolini personalmente aveva frustato e interrogato, abbiamo affrontato file su file di piccoli funzionari doganali vestiti di blu, con grandi cappelli, funzionari che fumavano le nostre sigarette, facevano cadere zucchero sui vestiti, scherzavano a grande velocità, guardavano amorosamente Caitlin, e tagliavano con le forbici le etichette dei nostri bagagli.
  San Michele è un villaggio graziosissimo; il mare è azzurro sotto il nostro balcone; soffia il vento, ma il sole brucia; la nostra pensione è piccola, dolce, simpatica; vi abbondano il cibo e il vino. Il lungomare di Rapallo, lontano un chilometro e mezzo, è un luogo di svaghi di gran lunga troppo ricco, con alberghi enormi, donne uscite dalle pagine di Phillips Oppenheim, milionari internazionali, e, stamane, noi. Ma la cittadina dietro il vistoso lungomare è piena delle case più incantevoli, di caffè, di Chianti, di gorgonzola, di mercati, di aranci. Domani andremo a Portofino. Non so se qui potrò cominciare a lavorare. Non c'è scampo, in un alberghetto, dai troppi bambini. E inoltre, dobbiamo vivere in campagna. Questo luogo è sofisticato come Nizza.
  Caitlin ed io andremo a Roma la prossima settimana per parlare con quelli del cinema e del British Council.
  Scrivimi e dammi buone notizie. Come stai? Non essere, no, non essere infelice, ti prego. Scrivi presto. E mi aiuterai a trovar casa, vero? Sono casalingo come una scatoletta da té, ma non ho alcuna bella teiera.
  Grazie, Margaret cara, di tutto.
  Sempre tuo,                                                                

 

Dylan

 

  Caitlin ti manda il suo affetto. Credi che potresti spedirmi un paio di gialli o una rivista? Sono costretto a leggere soltanto poesia.
  Scrivi presto,                                                                    

 

D.

 

- - - – o – - - -


Dylan riuscì a fare un po' di turismo in Italia, o almeno così scrisse ai suoi genitori.

 
al Signor D. J. Thomas e Signora

5 maggio 1947

Villa Cuba, San Michele di Pagana, Rapallo

 

Cari mamma e papa,
  dall'ultima volta che vi scrissi, Caitlin ed io siamo stati a Roma e a Firenze
non nel corso dello stesso viaggio. Nell'intervallo abbiamo fatto ritorno da Brigit, Llewelyn, Aeronwy e il piccolo Tobias: tutti grassi e soddisfatti, accanto al mare e al sole.
  Quello fino a Roma è un viaggio spaventoso da Rapallo. Ogni viaggio, di una certa durata, è un disastro. Vi sono pochi treni o autobus, e tutti i ponti, o quasi tutti, sono stati fatti saltare o dai bombardieri alleati o dai tedeschi in ritirata. Siamo andati a Roma in torpedone: dalle quattro del pomeriggio alle otto della mattina dopo. E un torpedone maledettamente scomodo, oltretutto. I bambini non ce l'avrebbero mai fatta in una sola tappa. Roma era, sono lieto di dirlo nella mia piccola lettera-conferenza di viaggio, Roma. Siamo scesi nel più antico albergo della città, immediatamente dietro il Pantheon. Abbiamo trascorso laggiù complessivamente cinque giorni, ma, per la maggior parte del tempo, ci siamo limitati a vagabondare invece di compiere le lunghe e spossanti visite di innumerevoli gallerie e chiese. Abbiamo trascorso una mattinata nella Città del Vaticano, percorrendo con il capogiro chilometri di marmo, allungando il collo e ansimando nella Cappella Sistina, che è più meravigliosa di quanto avrei potuto credere, contemplando da un'altezza enorme la stessa basilica di San Pietro, da vaste e fresche gallerie che sembravano avere le dimensioni di pubbliche piazze e da corridoi simili alle terrazze degli dei. Abbiamo conosciuto un gran numero di persone, scrittori, pittori, musicisti, quasi sempre mediante i buoni uffici del British Council, che, ospitato a Palazzo del Drago, in Via Quattro Fontane, offre ricevimenti sontuosi, in saloni con arazzi, agli intellettuali di passaggio. Il Council, il cui direttore a Roma è un poeta, Ronald Bottrall, ch'io conobbi a Londra, ha offerto in nostro onore un bel ricevimento; e in seguito ci sono stati dati gli indirizzi di molte persone che abbiamo conosciuto nei giorni successivi. Parlavano tutti l'inglese, il che è vergognoso per stranieri i quali riescono soltanto a distinguere gli autobus, a ordinare il vino e a contare il resto in italiano. Tra gli altri v'era uno scrittore americano, Frederik Prokosh: papa ha letto qualcuno dei suoi romanzi? L'uno o i due che mi è capitato di leggere erano ottimi. V'era un eruditissimo studioso, Mario Praz, autore de L'agonia romantica, e un'autorità, all'estero, in fatto di poeti metafisici inglesi. Ho fatto un paio di conoscenze nel cinema - brutto mondo
ma fino ad ora senza alcun risultato. È stato molto bello passeggiare per Roma nel vivido, vivido sole. L'idea di tornare con il torpedone ci ripugnava e abbiamo viaggiato da Roma a Genova con un vecchio aereo militare; quasi tutti hanno sofferto molto. Il fronte del porto a Genova è meraviglioso. Caldo e colori e sporcizia e rumori e vicoli chiassosi e malfamati, con tutta la biancheria del mondo appesa alle alte finestre. Siamo rimasti a Genova soltanto per poche ore, ma il giorno dopo vi ho portato Brigit e Llewelyn è a un'ora e mezzo da Rapallo mentre Caitlin badava ai bambini più piccoli. Llewelyn era eccitatissimo e ha mangiato molti gelati sgargianti in lussuosi caffè e sembrava indemoniato durante il ritorno in autobus.
  Poi, quattro giorni dopo, Caitlin ed io siamo andati a Firenze: non un viaggio troppo faticoso: otto ore in torpedone attraverso campagne meravigliose. Ci siamo fermati a Pisa, abbiamo visto, è naturale, la Torre pendente, e poi, a Firenze, la sera, abbiamo conosciuto un gran numero di giovani poeti italiani per i quali avevamo avuto lettere di presentazione a Roma. Una volta di più siamo stati fortunatissimi capitando in un albergo proprio al centro della città, nella piazza della cattedrale, accanto alla grande cupola, e al battistero e al campanile di Giotto. La mattina dopo abbiamo incontrato per caso, in una via laterale, Stephen Spender, che si trovava a Firenze, proprio come noi, soltanto per pochi giorni. Abbiamo pranzato e cenato insieme. Abbiamo visitato Palazzo Pitti e la Galleria degli Uffizi. Avevo letto di recente Romola e riuscivo quasi a orientarmi nella città in base ai ricordi di quel libro. Il bel Ponte Vecchio, più che bello, è stato lasciato intatto dai tedeschi, ma gli altri splendidi ponti sono saltati all'inferno, ed anche le piccole case sospese sull'acqua intorno al Ponte Vecchio, antiche come Dante.
  E il giorno dopo abbiamo preso in affitto, fino alla fine di luglio, una casetta a otto chilometri da Firenze, sui colli che dominano la città, tra pini e ulivi, mirabilmente verdi e sereni, una fresca, lunga casa, con un vasto giardino e una piscina. La pigione, in valuta inglese, ammontava a venticinque sterline per due mesi e mezzo. Se il denaro che ho durerà fino alla fine di luglio, saremo, lo so, sereni e felici lassù. Il giardino è pieno di usignuoli e di aranci. Vi sono vigneti tutto intorno. Ci trasferiremo là lunedì prossimo, 12 maggio.
  L'indirizzo è: Villa del Beccaro, Mosciano, Scandicci, Firenze.
  Di là scriverò ancora, a lungo, e vi dirò come ce la passiamo.
  Speriamo con tutto il cuore, tutti, che papa stia meglio e che la mamma possa tirare avanti. La mamma, nella sua lettera, dice che splendeva il sole. Spero che sarà una bella estate.
  Stiamo tutti bene. Llewelyn è ingrassato, adesso, ma gli manca la compagnia di ragazzi inglesi della sua età con cui giocare. Legge molto. Sta leggendo adesso I tre moschettieri, in caratteri minuscoli, nella stessa edizione che lessi io. I Classici di Nelson, credo.
  Questo pomeriggio sono tutti fuori in barca a remi nel golfo calmo e azzurro. Vedo la barca dalla nostra finestra.
  Vi farò sapere tutto sul vitto ecc. nella mia prossima lettera.
  La situazione per quanto concerne il tabacco inglese è spaventosa. Qui si trovano soltanto le sigarette della borsa nera. Abbiamo comprato tabacco nero e forte da un marinaio a Genova e ci stiamo arrotolando sigarette con quello.
  Affettuosità da tutti ad entrambi. Caitlin sta scrivendo. E voi, per favore, scrivete presto.
  Con il più grande affetto,                                            

 

Dylan

 

  PS. Quando riuscirò a comprare una busta grande, vi manderò alcune recensioni americane dei miei Selected Writings, che Laughlin di New Directions mi ha appena fatto avere.

 

- - - – o – - - -

 

Tanto per cominciare, gli piacque la villa nei dintorni di Firenze.

 

a Bill e Helen Macalpine
20 maggio 1947

Villa del Beccaro, Mosciano, Scandicci, Firenze


Miei cari Helen e Bill,
  vi avrei scritto molto, molto prima
avete ricevuto una cartolina illustrata ma ho aspettato che avessimo una casa nostra dalla quale scrivere. Fino a questo momento abbiamo alloggiato in alberghi e pensioni: costoso e insoddisfacente. E il mare della Riviera era troppo lindo. Ora sulle colline sopra Firenze, a circa otto chilometri dal centro, abbiamo trovato un'adorabile villa nelle pinete: meraviglioso giardino con usignuoli, cipressi, terrazze a colonne, ulivi, boschi profondi e selvaggi, un vigneto tutto nostro e una piscina, tutto piacevolissimo. C'è una grande stanza che vi aspetta. La cantina è piena di vino. Viviamo di asparagi, carciofi, arance, gorgonzola, olio d'oliva, fragole, e molto vino rosso. La villa è nostra fino all'ultimo giorno di luglio. Potete venire? Ne saremmo felicissimi. Scrivete subito e dimenticate questo ritardo. Tutto l'affetto da Cat e da me.
  Sempre vostro,                                                            

 

Dylan

 

  Vi farò sapere tutti i particolari, se del caso, quando scriverete.
  Sto scrivendo poesie.
  Siete coniugati?
  Tobias, il figlio di Brigit, è appena caduto nella piscina.
  Vi siete procurati i passaporti? Affrettatevi.                        

 

D.

 

- - - – o – - - -


Peter Quennell è il poeta, saggista e storico. Stephen è Stephen Spender e Natasela Litvin è sua moglie.


a Margaret Taylor
20 maggio 1947

Villa del Beccaro, Mosciano, Scandicci, Firenze

 

Mia cara Margaret,
  finalmente abbiamo trovato, nelle pinete sulle colline sopra Firenze, una casa fino alla fine di luglio. Il giardino, con piscina stagno rose pesci rossi pergolato lucertole altalena tavolo con tovaglia e vino strilli di Aeron, conduce ai nostri (buon Dio) uliveti e vigneti che si arrampicano fino ad una muta conventicola, a un eisteddfod [Concorso di canto e di poesia tra gallesi], di cipressi. Quelle che sembrano essere vespe di smeraldo corazzate e bellicose urtano e maltrattano i cespugli; uccelli che emettono un'unica nota si sgolano fino a farsi scoppiare il cervello tra i pinastri; altri uccelli molto vicini che io riesco a vedere, astutamente mi ingannano con versi molto remoti da alberi sbagliati. Sento l'odore. C'è una piscina nella quale sono entrato una sola volta... per sbaglio. Caitlin, Brigit e i bambini sono foche e tritoni là dentro. Masciano, il villaggio più vicino, è esile e alto, addossato come Peter Quennell contro la chiesa. (Il marchese di Q. l'ho conosciuto a Roma. Trascorreva una settimana con l'ambasciatore inglese bevendo, a galloni, grappa, che, per me, ha lo stesso sapore di una scure). Firenze scintilla di notte sotto di noi. Di giorno vediamo la Cupola. Dista forse otto chilometri. Per arrivare in città soffriamo in calesse e in tram. Ma è così poco necessario muoversi. I colli rivestiti di pini sono infiniti, i cipressi sulla sommità del poggio ti dicono tutto sulla lunghezza della morte, i boschi sono profondi come l'amore e pieni di capre, la casa è fresca e grande, i bambini bestiali, il vino abbondante, perché dovrei muovermi di qui prima del 31 luglio? E poi passerò alla bella non trovata casa nell'Oxfordshire, la casa costruita intorno alla scrivania che tu mi hai comprato? Oh, lo spero tanto. E grazie, grazie per la scrivania.
  Hai ricevuto la cartolina illustrata, troppo allegramente scribacchiata con messaggi, dopo un lauto pranzo con vino rosso, da Caitlin, Natascia, Stephen e me? Stephen era molto allegro, Na-tascia britannica come una mazza da hockey: non l'avevo mai veduta così. Con scarpe senza tacco marciava sugli ardenti marciapiedi di Firenze, sgraziata come una collegiale di Arthur Marshall, urlando in inglese, scostando a gomitate dalla sua traiettoria in gonna pantaloni gli ameni fiorentini. Ho conosciuto molti giovani intellettuali di Firenze che sono rarefatti e mollicci: non scrivono molto, ma, oh, come commentano! Abitano con le madri, girano in motor-scooter, e traducono Apollinaire.
  E grazie, grazie infinite davvero, per i libri e i giornali che sono arrivati a Rapallo e che sono stati graditissimi, tutti, giornali domenicali, gialli, «Listeners». E grazie per la tua bella lettera e per tutto quel che diceva. Ti prego, scrivi ancora, presto. Dammi tutte le notizie che ti riguardano.
  Vorrei averti sentita leggere le mie poesie, e quelle di Vernon, e di Alun Lewis, e Skull in the Desert di Roy. Vorrei averti ascoltata leggere, sul lago macedone, dal mio album arancione. E il pesce mutevole e i fossili viventi di quelle profondissime, leggendarie acque! Dio ti sta prendendo in giro.
  È tutto così ampiamente silenzioso qui, e la valle si estende coperta di vigneti fino ai campanili della chiesa. Nella stanza adiacente, durante la sua ora di riposo, Aeronwy sta intonando una canzone oscena. Tobias di Brigit, un maculato bambino-rana, sta strillando nel bagno. Llewelyn, in giardino, sta cercando di intagliare una barca in una pigna con il coltello per il pane e gli rimangono ancora parecchie dita. Brigit sta sovraintendendo agli strilli del bambino-rana. Caitlin si è chiusa altrove e impara l'italiano - senza dubbio contemplando gli alberi dalla finestra. Io siedo in una stanza con le imposte chiuse a mezzo che da sul vigneto, e sto scrivendo a te che sei a Oxford e ti ringrazio di tutto, sempre, e ti mando il mio affetto.
  Scrivi presto.
  Leggo qualunque cosa in inglese.
  Sempre tuo,                                                              

 

Dylan

 

- - - – o – - - -

 

Presto Dylan cominciò a sentirsi solo. Rodney è Rodney Philips, che finanziava una rivista, «Arena», della quale John Davenport era direttore.


a John Davenport
29 maggio 1947

Villa di Beccaro, Mosciano, Scandicci, Firenze

 

Mio caro John,
  questo porco in Italia amaramente sa
oh le lacrime sul suo grugno rincagnato e il tonfo nel truogolo mentre affonda la piatta testa gallese nella vergogna, e si ingozza e soffia che avrebbe dovuto scrivere, tre tini di vino fa, una lettera porcina a Moby D. o al due-tonnellate John; ma, con un grugnito tra i pini, il tempo è trotterellato via. Lo spirito voleva, il prosciutto era debole. Lo spirito era brandy, il prosciutto era risciacquatura. E, oh, il sole che scotta e frigge! Che porco pisciato di sole son io a non affondare una setola nel Chianti e a scrivere. Ho tante scusanti, e proprio nessuna. Qualche giorno fa mi sono arrampicato su un albero, dimenticando le mie forme e il mio peso, e ho sospeso questo barile male in arnese a un ramo per le mie bianche manine imbottite: si sono lacerate nettamente nel mezzo. Inoltre, molto adagio, sto cercando di scrivere una poesia, avvilendomi su di essa, ogni pomeriggio, in una stanza della casa dei contadini: i nostri piccoli marmocchi fanno tanto di quello strepito che non riesco a lavorare in nessun posto vicino a loro. Dio li bombardi. È stato così piacevole avere tue notizie e sapere che in luglio sarai a Firenze. Naturalmente devi essere nostro ospite, ma farò bene a spiegarti che ci troviamo ad alcuni chilometri da Firenze, sulle colline. Per arrivare in città andiamo con cavallo e calesse a Scandicci e poi soffriamo per venticinque minuti sul tram. Si può far venire una macchina da Firenze, ma costa circa tremila lire trenta scellini. Ma naturalmente, in qualche modo ce la faremo. Siamo tutti enormemente ansiosi di vederti. Rodney sarà con te? Se ha la macchina, tutto diventerà facilissimo. Se non ce l'ha, non sarà poi un gran problema, in ogni caso. Ci troviamo in una zona bellissima e v'è una quantità di spazio e di vino in casa. No, non conosco Edward, ma dovevamo andare da lui quando arrivammo qui: voleva affittare metà della sua villa a una famiglia inglese o americana. Abbiamo conosciuto molti giovani intellettuali di Firenze, e sono tipi deprimenti. Vengono a farci visita la domenica. Per sormontare l'ostacolo della lingua devo stare in equilibrio sulla testa, cadere nella piscina, rompere noci con i denti, e fare il Tarzan sui cipressi. Sono molto brillante in italiano, anche se un po' violento; e mi occorre spazio. Non conosci nessuna persona simpatica a Firenze con la quale si possa bere qualcosa? Vi ho incontrato, alcune settimane fa, Stephen Spender. Era molto triste. Sta facendo un giro di conferenze; vuole avvicinare gli intellettuali europei. È impossibile. Ha detto in una conferenza della quale ho letto: «Tutti i poeti parlano la stessa lingua». È una dannata menzogna. Chi parla lo Spender?
Scriverò a Higham a proposito di Philips e di Greene questa settimana. Grazie per avermi mandato la lettera di Greene
  Scrivi presto. Sarà bello vederti qui. Affettuosità a tutti da tutti noi. E a Tommy, se lo vedi, al quale devo scrivere.
  Non so ancora quali siano i miei progetti; dipendono dal denaro, e non dal mio. Ci è stata offerta una casa a Parma quando ce ne andremo di qui il 31 luglio e mi piacerebbe andarci. Anche i Taylor di Oxford hanno telegrafato a proposito della possibilità di prenderci una casa a Witney, ove, suppongo, dovremo tornare. È molto difficile. Scriverò un radiodramma quando questa lenta poesia sarà terminata. Come stai? Dai un pugno per me a Kinsmill.
Sempre tuo, e voglio vederti presto.

 

Dylan

 

- - - – o – - - -


La casa a South Leigh, che Margaret Taylor aveva comprato per loro, doveva essere la loro dimora per due anni, dopo il ritorno dall'Italia.


al Signor D. J. Thomas e Signora

5 giugno 1947

Villa del Beccaro, Mosciano, Scandicci, Firenze

 

Cari mamma e papa,
  come state tutti e due? È passato molto, molto tempo da quando è arrivata una vostra lettera; o forse è perché il tempo passa così adagio, qui, e si aspetta con tanta impazienza il postino? o la po-stina, piuttosto, una donnetta, oltretutto, che percorre a piedi più di trenta chilometri al giorno, su e giù per questi ripidi colli fiorentini, sotto il sole che cuoce. Comunque sia, vogliamo vostre notizie al più presto. Le lettere dall'Inghilterra sembrano impiegare in media cinque giorni per arrivare qui.
  Spero che ci sia il sole nel Carmarthenshire. Ho letto sui giornali della domenica che mi manda Margaret Taylor che sarà un anno meraviglioso per la frutta in Inghilterra. Qui abbiamo avuto fragole e ciliege a profusione, limoni, e arance siciliane... è troppo presto per le arance più a nord. Piselli, fagioli, asparagi, carciofi, non so se saremo ancora qui per le pesche. Ce la caviamo davvero bene per quanto concerne il vitto, sebbene non sia affatto a buon mercato. Puoi trovare di tutto, se hai i soldi. Non è come in Inghilterra. Di recente vi è stata una Mostra inglese a Roma, organizzata dal British Council, per far vedere quali merci, ecc., produce l'Inghilterra, quali film realizziamo, quali quadri dipingiamo, quali libri scriviamo, e così via; e quanti viveri consumiamo. Erano esposte le razioni di una settimana per una persona. E la reazione, anche tra i visitatori intelligenti, è stata: «Sì, capisco. Questo è il quantitativo di zucchero, o di burro, o di tè, assegnato a una persona in Inghilterra. Ed è anche molto limitato. Quanto lo pagano lo zucchero, il burro, il tè, eccetera, alla borsa nera?» E tutti si rifiutavano assolutamente di credere che quello era il quantitativo distribuito, quello e niente di più, e che non si poteva acquistare altro. Nessuno poteva credere, semplicemente, che la borsa nera in Inghilterra è un fenomeno trascurabile. In Italia, è la borsa bianca ad essere un fenomeno trascurabile. La razione di sigarette è di quindici alla settimana, credo. Ad ogni angolo di strada, in ogni città, uomini, ragazzi e donne se ne stanno seduti con grandi vassoi di sigarette. Le inglesi e le americane sono le più care e le più richieste. (Noi fumiamo le più economiche e cattive sigarette italiane: le Nazionali, tutte stampigliate come proprietà dello Stato italiano. Le acquistiamo apertamente e illegalmente, in ogni negozio, ad ogni angolo, per circa uno scellino e due pence ogni venti
il doppio del prezzo ufficiale). Le verdure ce le procuriamo presso gli ortolani qui, ma anch'esse non sono a buon mercato. La sterlina vale, ufficialmente, da 900 a 1000 lire; ma, mediante una manovra che non riesco a capire, la Banca ti da quasi duemila lire. Se però percorri la strada, ecco che ti fermano innumerevoli individui disposti ad offrirti in questo momento duemilaquattrocentocinquanta lire ogni sterlina. In quali mani finiscano le sterline inglesi e la valuta «pregiata», franchi svizzeri e banconote svedesi, non lo so. Certi speculatori le stanno tesoreggiando in vista di una svalutazione assurda. È quasi impossibile farsi un'idea precisa del valore del denaro, qui. Un bicchiere grande di buon vino costa venti lire, circa due pence e mezzo. Una bottiglia piccola, meno di mezza pinta, di birra estremamente leggera, costa circa sessanta lire. Il calesse e il cavallo con il quale scendiamo a Scandicci costano trecentocinquanta lire tanto all'andata quanto al ritorno. Lo zucchero costa circa dieci scellini alla libbra. Non mi viene in mente, adesso, il prezzo del riso e della pasta, ma so che i poveri possono permettersi di acquistare soltanto la razione settimanale, la quale è minima; e la pasta è il loro piatto forte. Né possono acquistare più delle razioni di pasta e farina, anch'esse minime. E non soltanto i veri poveri. La stessa cosa vale anche per le classi dei professionisti. Soltanto i ricchi profittatori, i già ricchi il cui patrimonio è ben tutelato, e gli stranieri possono acquistare le merci di cui i negozi sono pieni zeppi. E gli inglesi, in ogni modo, non per molto tempo. Gli americani, naturalmente, possono portare in Italia tutto il denaro che vogliono. Spero di poter durare, finanziariamente, fino al termine del contratto d'affitto qui: cioè fino all'ultimo giorno di luglio. Ma non sarà facile; né Catleen né Brigit sono brave amministratrici. E, dopo il 31 luglio, a meno che non accada un miracolo, torneremo. La notizia più bella è: abbiamo una casa. Ce l'ha trovata Margaret Taylor, una nostra grande amica. È a South Leigh, che si trova a venticinque minuti di treno da Oxford, a dieci minuti da Witney. Aynsham è a poco più di tre chilometri. Bablock Hythe a circa tre chilometri e mezzo. South Leigh si trova sulla linea secondaria che va da Oxford a Yarnton, Aynsham, Witney, Bampton e più avanti sul Tamigi, oltre Kelmscot, fino a Lechdale. La casa si chiama South Leigh Manor, però Margaret dice che questo nome non deve evocare in me l'immagine fantasiosa di una dimora con tanto di fossato, finestre a più luci, stemma eccetera, ma che, ovviamente, il maniero è scomparso da un pezzo e South Leigh Manor deve essere l'antica casa colonica appartenente ad esso. L'affitto è di una sterlina alla settimana, più un paio di scellini settimanali per tasse. Vi sono tre camere da letto, due stanze al piano di sopra, una piccola cucina, e un lavatoio ove Margaret si propone di fare installare il bagno. Davanti alla casa v'è un bel giardino e dietro un più vasto appezzamento di terreno. Alla casa si accede mediante un vialetto. Annesso ad essa, sul retro, v'è un cottage abitato da una coppia anziana, che lavora per il vicino fattore... ma guarda dall'altro lato ed è completamente separata. Il villaggio è piccolissimo: un negozio, una chiesa (Margaret dice che è molto bella), un bar, e si tratta di una Free House [Una taverna che non è legata per contratto a una particolare birreria]. Ma Witney, un grosso centro, si trova a soli dieci minuti di distanza. La casa è a cinque minuti dalla stazione. Credo che siamo stati molto fortunati. Margaret ha girato in macchina per quasi due mesi, cercando in tutto l'Oxfordshire, e questo era l'unico posto. Dice che vi farà portare molto presto i mobili del nostro studio di Wentworth; sono depositati presso di lei a Holywell Ford. Tutto tranne il grande letto, il bellissimo letto della camera-studio che, come mi sembra di avervi detto, fu rubato dal nostro locatario. Inoltre Margaret ha parecchie cose varie da darci. E ora per quanto concerne i mobili a Waunfort. Devo avvertirvi non appena Margaret farà sapere a me di essersi accordata per la casa? e potrà poi Hobbs portare i mobili a Oxford, passando a prendere Margaret durante il viaggio? Dovete farmi sapere quanto chiederà Hobbs ed io vi manderò un assegno. Ci occorre, naturalmente, ogni singolo mobile, ogni tazza o padella sulle quali sia possibile mettere le mani. Incominceremo, una volta di più, senza utensili da cucina né niente: vi scriverò a questo proposito immediatamente dopo aver avuto notizie definitive da Margaret.
  Credo di avervi già detto, qualche tempo fa, che un compositore italiano, Gino Managni Rocca, da noi conosciuto a Oxford
è amico della mia amica Elizabeth Lutyens mi ha offerto parte della sua casa di campagna vicino a Parma, dopo luglio, e verrà questo mese a Firenze per incontrarsi con me e parlare della cosa. Ma ovviamente non posso andare laggiù senza denaro. In ogni modo, esiste una ragione quasi ancor più forte che ci induce a tornare inInghilterra dopo il soggiorno in questa villa. Llewelyn deve andare a scuola, deve trovarsi con ragazzi inglesi della sua età. Temo che incominci ad essere molto stufo. Ha ben poco da fare, insieme soltanto ad adulti e a due bambini piccoli e strillanti. E, Dio, come strillano. Esercitano una pessima influenza, temo, l'uno sull'altro. Aeronwy è, una volta di più, alquanto litigiosa e isterica. Llewelyn avrebbe tante cose da fare con un ragazzo suo coetaneo, qui. I boschi sono meravigliosi; il giardino è uno dei più belli che abbia mai veduto. Vi sono boschetti selvatici e ruscelli: un paradiso per giocare ai cowboy e ai pellirosse. Ma non può giocare da solo tutto il santo giorno. Legge moltissimo: Dickens, Marryat, Arthur Ransome, enciclopedie, i Viaggi del capitano Cook, Stevenson, e tutto quello che riesce a trovare qui, gialli compresi. Ma non può nemmeno continuare a leggere per tutto il giorno. Inventa per suo conto giochi complicati con fogli di carta. Ho appena noleggiato una radio, e si gingilla con essa, captando soprattutto le trasmissioni oltremare della BBC che però non si ricevono troppo bene. Non è una gran vita per lui, sebbene adesso stia bene, e sia abbronzato e vada ingrassando. Le domeniche una famiglia di Firenze viene a passare la giornata da noi con due ragazzetti; il padre dirige una rivista letteraria trimestrale, e ha tradotto un gran numero delle mie poesie. Ma l'ostacolo della lingua impedisce a Llewelyn e ai suoi ragazzi di trovarsi realmente bene insieme.
  Oggi fa un caldo terrificante; è così da quando è cominciato giugno. È inutile cercar di fare qualsiasi cosa tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio. E continuerà a fare più caldo di giorno in giorno. Firenze si stende sotto di noi, e la si vede attraverso i rampicanti e gli ulivi, avvolta da una bruma ondulata.
  Oggi v'è una festa a Mosciano e Brigit, Caitlin e i bambini ci andranno. Io lavorerò. Di solito non riesco a lavorare in questa casa, sebbene sia grande. Aeronwy e Tobias fanno insieme un baccano tremendo, benché Aeronwy da sola sia abbastanza buona. Così lavoro in una stanza della casa dei contadini, che fa parte della proprietà: una stanza piacevole, piccola e semplice, che da su un bosco selvaggio. Sto lavorando a una lunga poesia, ma tanto adagio. E quando sarà finita, voglio scrivere un radiodramma. Vi è già stata la mia trasmissione su Swansea? So che era in programma per il mese di giugno. Avvertitemi per piacere quando l'avrete sentita.
  Anche il mio libro di racconti Ritratto dell'artista da cucciolo deve apparire questo mese in ogni edicola nell'edizione economica Guild, 50mila copie tanto per cominciare.
  Vi accludo alcuni ritagli americani.
  Potete darmi l'indirizzo di Nancy quando scriverete? Mi ha scritto una simpaticissima lettera, ma l'ho perduta e voglio rispondere.
  Idris come sta? Ricordatemi a lui con affetto.
  Mabli è di nuovo un cane casalingo? Scrivete presto.
  E, a quanto so, e spero, vi rivedremo, come al solito, in agosto.
  Caitlin sta scrivendo. Vi manda il suo affetto.
  E tutto l'affetto da me,                                                

 

Dylan

 

  PS. Scusatemi: riesco a trovare un solo ritaglio americano, alla fin fine, del migliore tra i trimestrali americani finanziati dalle università, la «Southern Sewanee Review». Gli altri seguiranno non appena li troverò.

 

  PPSS. Mi sono appena stati mandati sempre da Margaret One Hole in thè Wall di Arthur Morrisson, e Dialstone Lane di W. W. Jacob, entrambi della nuova Century Library. Entrambi eccellenti. E inoltre un ottimo giallo Deadlier than the Male di Ambrose Grant, che vale la pena di leggere.

 

- - - – o – - - -


Dylan incominciava a sentirsi solo e trovava opprimente il caldo. Ma stava scrivendo di nuovo poesie, o meglio una poesia, In Country Sleep. John Arlott, famoso commentatore del cricket, era inoltre un produttore della BBC, tra l'altro di programmi di poesia.


a John Arlott
11 giugno 1947
Villa del Beccare, Mosciano, Scandicci, Firenze

 

Mio caro John,
  grazie per avermi scritto. È stato un grande piacere avere tue notizie. Sebbene oda la tua voce ogni giorno: da Trent Bridge, adesso. Sei non soltanto il miglior commentatore del cricket... di gran lunga il più bravo; ma anche il miglior commentatore sportivo che abbia mai sentito; preciso, entusiasta, appassionato, straordinariamente visivo, autorevole e cordiale. È un grande piacere ascoltarti: aspetto sempre con impazienza le tue trasmissioni. Qui, sulle colline che dominano Firenze, conduco l'esistenza più tranquilla che ricordi di aver mai vissuto: fa un caldo sfrigolante, la salita fino al villaggio più vicino spezza la schiena, io sono di gran lunga troppo fiacco e pigro per andare spesso a Firenze, e riesco a lavorare soltanto nelle prime ore del mattino e della sera: e non sono mai state le ore migliori per me: sono abituato a lavorare da dopo colazione all'ora dei pub, che in campagna soleva essere intorno alle sette. Qui bevo in giardino, solo o con Caitlin: socialmente non siamo affatto attivi: sono un vegetale al sole: vivo di vino rosso, formaggio, asparagi, carciofi, fragole, ecc. L'ecc. è di solito altro vino rosso. Abbiamo un nostro vigneto. La villa è e-norme. E probabilmente sono enorme anch'io, dopo due mesi. Tornerò in agosto: se le lire dureranno fino ad allora. Mi è stata data una somma per il viaggio dalla Società degli Autori; altrimenti sarei tornato già da un pezzo. E al ritorno sarò al verde, per cui ogni piccolo lavoro
ho ascoltato The Rape of Lucrece, oggi; Shakespeare è finito? E quale sarà la prossima serie? narrativa eccetera, sarà graditissimo. Inoltre, mi piacerebbe scrivere qualsiasi programma che secondo te io sia in grado di preparare: e, scrupolosamente, puntuale.
  Sì, certo, mi farebbero comodo alcuni dollari, ma fino ad ora non ho alcuna poesia. Sarebbe inutile darti un frammento di quella lunga che sto contorcendo e ringhiando: deve essere letta nella sua interezza. Se riuscirò a scriverne alcune brevi negli intervalli,, te le manderò subito.
  Non posso permettermi di andare a Venezia. Sono stato per qualche giorno a Roma, a Genova, a Siena e sulla Riviera. Ma adesso posso permettermi soltanto di restare qui, sul mio di dietro bruciato dal sole. Mi piacerebbe andare a Venezia, però. Forse potrei sedurre la tua ragazza, o non ho la corporatura adatta?
  Ti telefonerò in agosto. Affettuosità a te e alla famiglia. Ricordami a Val quando lo vedrai. Mia figlia è caduta sui cactus.
  Tuo,                                                                           

 

Dylan

 

- - - – o – - - -

 

A metà luglio la calura e la solitudine lo stavano demoralizzando.


a T. W. Earp

11 luglio 1947

Villa del Beccare Mosciano, Scandicci, Firenze

 

  Mio caro Tommy,

     Vado arrosto in una stanza murato
     Come le zucche in una serra
     E il sole, simile a un crostino imburrato,
     Gocciola sulla classica terra,
     Sulla piscina che brilla,
     Sul loggiato, il limone, i pini del pico,
     E su questa incantevole villa
     Che non vale un fico,
     Sulla terrazza e il frutteto
     Di questo quasi palazzo
     Ove la gente parla greco
     E il clima mi rende pazzo.

[Le parole in corsivo sono in italiano nel testo. «Pico» sta ovviamente per «picco».]


  Sono spaventosamente stufo di questo luogo, sulle meravigliose colline che dominano Firenze, di bere Chianti nella nostra capanna di marmo, stufo di vini e contadini e bambini [Parole scritte in italiano], e ancor più stufo quando vado, tumefatto dalle punture delle zanzare, nella stessa Firenze, che è un estenuante museo. Roma mi piaceva, mi sentivo come Oppenheim sulla Riviera, ma ci troviamo qui, in questa villa, da due mesi e riesco a scrivere soltanto nelle prime ore del mattino, quando non mi alzo, e la sera, quando esco. Ho sempre desiderato scriverti e ho anelato a una tua lettera. Torneremo, alcuni bruni come merda, alcuni calcinati come albini, uno zoppicante e color carminio, e tutti al verde, ai primi di agosto. Sarai a Londra o ti troverai là di passaggio? Spero proprio che ci vedremo questo autunno. Mi si dice che la birra amara è migliorata ed io scriverò una sceneggiatura cinematografica per procurarmela. Abbiamo realmente un'enorme piscina (nella quale sono stato una sola volta, per sbaglio), e un nostro vigneto, ulivi, zanzare, e topolini italiani con il muso azzurro. Ho scritto una poesia piuttosto lunga che mi piacerebbe mandarti quando sarà stata battuta a macchina da un professore d'inglese italiano a Firenze. Ho chiesto al professore notizie sull'isola d'Elba, ove pensavamo di andare, e ha detto
era il primo commento che gli sentivo fare «Plenty di fish-dog». Traduce Henry James e Virginia Woolf. Di' il mio affetto a May e a te stesso. Scrivi quando puoi, prima di agosto, se possibile, e dimmi dove, se sei a Londra, ove mi dicesti, in occasione del nostro ultimo incontro, che saresti potuto essere, posso scriverti. Ora vado fuori, dalle cicale, a sgranchirmi un po' le gambe.
  Con tutto l'opposto della fretta,                                   

 

Dylan

 

- - - – o – - - -

 

Dylan aveva sperato che sarebbero venuti amici a fargli visita dall'Inghilterra, ma non venne nessuno.

 

a Bill e Helen Macalpine
14 luglio 1947

Villa del Beccare, Mosciano, Scandicci, Firenze

 

Miei cari Helen e Bill,
  è davvero un gran peccato, e tutti stavano aspettando, dalle lucertole-siluro nella pelosa piscina
ricordare al giardiniere di cambiare l'acqua! alle zanzare munite di picconi e perforatrici pneumatiche nella camera da letto degli ospiti ricordare alla cameriera di togliere dal letto le bottiglie e il gorgonzola! Avevamo progettato un così gran numero di cose da fare, e sempre con vino: picnic, spogliarelli, leccatine di tette, pizzicotti, abbracci, baci, eccetera eccetera eccetera, feste, spedizioni. Forse potremo venire tutti in Italia l'anno prossimo, e fare cose su scala porcina.
  Stiamo cercando di fare in modo di trascorrere le nostre ultime settimane qui all'Elba, ma abbiamo quasi finito i soldi e cerchiamo di ottenerne altri. Partiremo l'11 agosto e saremo a Londra il 13. Voi sarete in casa? E potrete ospitare noi e i nostri bagagli per una notte? Llewelyn, il giorno dopo, andrà da sua nonna nello Hampshire, e Cat, Aeron ed io partiremo per il Galles e andremo a far visita a mia madre e a stare con lei per quindici giorni. Poi torneremo in una casa che ci ha trovato Margaret, a South Leigh, una mezz'ora da Oxford: vicino a Witney: piccola e un po' malridotta, ma proprio in un villaggio e in una bella zona. Spero moltissimo che verrete a bere birra e a scambiare qualche parola; anzi no, niente parole.
  Le prime due parti della mia poesia sono terminate. Sto lavorando alla terza. Non è lunga come sembrerebbe. Te la mostrerò, se non ti dispiace, quando sarò tornato.
  Le cose più belle a John.
  È un peccato che non siate potuti venire.
  Llewelyn sta insegnando l'inglese ad alcune bimbette nostre vicine. Mentre scrivo, in giardino, li sento fare la lezione, a voce altissima: Funny bloody fart, funny bloody fart.
  Spero proprio che potrete ospitarci per quell'unica notte: altrimenti saremmo piuttosto perduti.
  Stai scrivendo racconti, Bill? Spero che vi sia molto per me da leggere.
  Affettuosità da entrambi ad entrambi.                          

 

Dylan

 

- - - – o – - - -

 

II 20 luglio 1947 si recarono da Firenze all'Isola d'Elba, che trovarono molto bella. Quella che segue è una cartolina.


a Bill e Helen Macalpine

timbro postale del 26 luglio 1947

 

  Un messaggio dall'Albergo Elba, Rio Marina, Isola d'Elba, Italia. Fortunato Napoleone! Questa è un'isola bellissima; e Rio Marina il più strano villaggio che vi esista: vi abitano soltanto pescatori e minatori: pochi turisti: nessuno dei quali straniero. Severo all'estremo. Qualcosa di simile a una Caherciveen latina. Avvisi «Proibite le risse» in tutti i bar. Cognac dell'Elba 3 penny. Naturalmente nessun orario. Bagni meravigliosi. Spiacenti vostra assenza. Aspettiamo lettera. Torniamo 11 agosto.
  Affettuosità a entrambi da tutti.                                   

 

Dylan

 

- - - – o – - - -

 

a Margaret Taylor
3 agosto 1947
Albergo Elba, Rio Marina, Isola d'Elba

 

Mia cara Margaret,
  il caldo! I vecchi dell'Elba, supini sulle schiene scorticate e coperte di vesciche si lamentano per il caldo. Ragazzi acquatici neri di sole, dai piedi palmati, che si tuffano dalle gru, sanguinano per il caldo. Anziani e riarsi minatori, cinquantanni nel fuoco, ringhiano contro il caldo mentre trascinano nudi, sui moli scheletrici, gli arrugginiti vagoncini. E in quanto a noi: i bambini sono tutti un esantema per il sole e il mare, Brigit si sta sbucciando come la carta da parati di una stanza bombardata sotto la pioggia. Ed io a malapena riesco a tenere la penna tra le dita a causa delle vesciche che ho dappertutto sulle mani, quasi non riesco a vederci per la cascata di sudore, e anch'io mi sto sbucciando come un manifesto impregnato d'acqua. Oh, oh, oh, il caldo! Ti investe da dietro gli angoli come un animale con braccia da mulino. Mentre entro nella camera da letto, mi stordisce, mi colpisce, mi soffoca, mi fa piroettare per i capelli zuppi, mi distende piatto come una stuoia e cieco come un pipistrello sul letto bollito e fumigante. Seguitiamo a fare la spola tra i banchetti dei gelati e il farmacista. La birra fredda è Dio in bottiglia. Se mai, per un secondo, un po' di vento (ma vento non è la parola adatta per questo sbuffo sfrigolante lento come una lumaca), protoplasmicamente giunge strisciando dal mare immobile e piatto, fa lo stesso suono delle poesie di H. D. crepitanti in una fornace. Devo smettere di scrivere per immergere la testa nel catino della camera da letto pieno di lava quagliata, torno indietro fresco come Freddie Hurdis-Jones a Sodoma, sfrigolo e miagolo mentre mi lascio di nuovo cadere su questa sedia elettrica di Sing-Sing. Che cosa stavo dicendo? Nulla è chiaro. Il mio cervello sporge in fuori come gli intestini di un coniglio, o mi pende giù per la schiena come capelli. Ho la lingua, nonostante tutto il Dio ghiacciato che bevo, calda come la sella di un cammello sabbiosamente montato da beduini arrostiti. Gli occhi, simili a pomodori troppo maturi, fissano a fatica il vetro appannato di una serra nel Sahara. Ho caldo. Ho troppo caldo. Non ho niente addosso, in questa minuscola camera d'albergo, tranne i due fiumi mollicci dei calzoni del pigiama comprato fatto da Robin. Oh, la ciclonica frigidità siberiana di un bagno turco! Nella polverosità dell'anno venne Cristo il Niger. Cristo, ho caldo!
  Ma amo quest'isola, e vorrei non vederla in una delle stagioni infernali.
  Oggi è domenica. Giovedì torniamo a Firenze, ove dicono che faccia ancora più caldo. Lunedì torneremo in patria con il forno crematorio.
  Grazie infinite per le cinque sterline. Spero che tu abbia ricevuto il mio eufemistico telegramma. Sono state graditissime. Ed altre ancora, forse attualmente in viaggio, saranno graditissime, graditissime di nuovo. Tu sei buona con, e per, me. E la casa! La trovi, l'arredi, tagli l'erba nel giardino, ammorbidisci i burocrati. Siamo noti, prima ancora di arrivare, all'esattore delle imposte. Saluto Bob Russell!
  Ti telefonerò non appena saremo arrivati a Londra, la sera del 12 o la mattina del 13, e ci vedremo.
  Il mio cervello sta pendendo fuori come la lingua di un cane. Devo andare, in cerca di Dio, di ghiaccio, di aria impossibile, del mare forno, mordi-vesciche, azzurro-dirigibile.
  Arrivederci al 13, circa.
  Ho modificato parecchie parole della poesia.                

 

Dylan