Robert Herring era il direttore di «Life and Letters Today» e aveva pubblicato nel dicembre 1935 la serie di poesie di Dylan Sapiente d'altare all'imbrunire. Come dimostra questa lettera, Dylan non si faceva illusioni sul proprio comportamento a Londra. Invero, portava adesso la propria ubriachezza come una maschera, così come, occasionalmente, sfoggiava ancora la sua pretesa tubercolosi. «Miss S.» è Edith Sitwell, che stava lodando le sue poesie e aveva espresso il desiderio di conoscerlo. Oddenino era un grande caffè-ristorante quasi adiacente al Café Royal, che costituiva allora il naturale luogo di riunione per poeti e artisti.


a Robert Herring
30 gennaio 1936

Cwmdonkin Drive, 5, Uplands, Swansea

Caro Robert Herring,

  sono sicuro che accadrà il peggio; è sempre così; diventerò cieco. Incontriamoci dunque, vogliamo, al mio primo giorno in città. Il io. Se ci incontrassimo verso sera? Potrò non essere lì per il pranzo. Può dirmi tutto di Miss S. Non è molto spaventevole, vero? Ho veduto una volta una sua fotografia in costume medievale. E grazie infinite: mi farebbe un grandissimo piacere cenare il 20. Non si dia la pena di scrivere, a meno che, naturalmente, non sia libero il 10. Le telefonerò nel pomeriggio per fissare un'ora e un bar. Non porterò una gardenia all'occhiello, ma sono basso di statura, con gli occhi sporgenti, un dente spezzato, capelli ricciuti e una sigaretta. Sotto ogni altro aspetto sono abbastanza rispettabile per andare anche all'Oddenino (Non è una proposta relativa al luogo in cui trovarci, ma il Café Royal mi è, credo, precluso, e in ogni modo preferisco i locali con aggeggi in cui sputare). Si vede mai con Oswell Blakeston, a proposito? In tal caso, lo saluti con la mano per me. Spero di poter bere qualcosa con lui il mese prossimo. E se lei non è libero, proponga allora qualunque altro giorno dopo il 10.
  Sinceramente suo,                                        

 

Dylan Thomas

 

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Eric Walter White era, a quei tempi, più noto come critico cinematografico e musicale. Cito questa lettera non perché sia intrinsecamente interessante, ma perché è tipica di molte che intendo omettere.

 

a Eric Walter White

8 marzo 1936

Cwmdonkin Drive 5, Uplands, Swansea

 

Caro Eric Walter White,
  sono, per un caso, non per natura, così abominevolmente villano e infido che devo trascorrere la maggior parte della prima settimana dopo i miei regolari brevi soggiorni in città scrivendo frenetiche lettere di scuse. Prima di questi regolari, brevi soggiorni, studio i miei piani fino ai più piacevoli particolari; quasi ogni giorno è predisposto in modo che accada in esso qualcosa di bello. E poi, quando vengo in città, sbam fanno i miei progetti in un'orrida esplosione alcolica che disperde tutte le mie buone intenzioni come frammenti di membra e di vestiti sulle soglie delle case e nei bar dei più vistosi locali di Londra. Ero impaziente di conoscerla e di essere condotto ad ascoltare musica; ma altre piccole mancanze di buon gusto hanno fatto seguito alla villania (nel telefonarle, ad esempio), (e poi nel non farmi vedere) e non ho ascoltato affatto musica e non mi sono incontrato con lei. La tedierebbe a morte ascoltare tutte le mie ragioni, ma sinceramente e profondamente mi scuso per il mio comportamento.
  Tornerò in città tra quindici giorni circa, prima di andare in campagna a lavorare, e non accadrà più nulla di così sciocco. Vuole pranzare con me, allora, e consentirmi di scusarmi personalmente? Dica di sì, la prego.
  Molto sinceramente suo,                               

 

Dylan Thomas

 

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Una volta di più, ecco una lettera che presenta uno scarso interesse intrinseco, ma che è tipica sotto due aspetti. L'uno è lo scherzo protratto... che fossero entrambi topi. Dylan insisteva con questi scherzi per settimane di seguito. L'altro è il modo con il quale egli adatta il proprio tono allo stato d'animo del suo corrispondente... persino, in questo caso, fino al punto da scusarsi per essere corso dietro alle donne! La firma è un autoritratto di Dylan mentre beve e fuma, con i capelli scarmigliati. I dischi fonografici sono quelli di Jean Cocteau che recita La Toison d'Or, di Naylor che fa predizioni astrologiche, e di Burns e Allen che cantano Do you believe me?

 

a Oswell Blakeston
7 marzo 1936

Cwmdonkin Drive 5, Uplands, Swansea


  Carissimo topolino mio caro, siete spaventosamente fortunati, tu e i tuoi piccoli baffuti amici, tutti compiaciuti e ossequiosi, intenti ad ascoltare Cocteau e Burns e Naylor e Allen dietro lo zoccolo di legno. Nessuno ha mai sentito parlare della minaccia di un topolino, e tu non sei un pericolo nazionale, e la gente scrive poesie su di te e ti definisce magrolino e grazioso e vellutato. Saresti al sicuro anche a Chicago, ove a me darebbero una quinta gamba. Ogni anno sedicimila tuoi fratelli e sorelle a Londra messi alle strette, intrappolati e uccisi. Promulgarono una legge nel millenovecentodiciannove per distruggermi, quando avevo appena cinque anni. Ma mi diedero una settimana! Non ti vedo da molto tempo, non più da quando trascorremmo una serata non andando alla Queen's Hall, e non da quando ti lasciai, fuori del Café Royal, molto villanamente, per una stupida Topa. Tornerò, viaggiando per tutto il tragitto sotto il sedile, rosicchiando carta marrone, all'inizio del prossimo mese. Ci troveremo? E questa volta ti prometto di non essere cattivo: mi inciprierò il muso e non correrò dietro alle tope. E mi manderai una parte della posta dei miei ammiratori, qualche volta? Non sono poi così sconosciuto in questi giorni. Ogni volta che accendo la radio, c'è un intervallo. Sono stato abominevole a proposito della BBC. Ma accetterò quello che sta per capitarmi: quando morirò andrò all'inferno, e là sarà sempre la Settimana dei Topi.
  Molto affetto a te, moltissimo, Oswell.
  Da                                                                            

 

(Dylan)

 

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Qualche tempo prima di queste ultime due lettere, Dylan era stato invitato a Cornwall, per un soggiorno, in aprile. Wyn Henderson, dapprima critica musicale e artistica a Londra per conto del quotidiano argentino «La Na-cion», era divenuta in seguito tipografa ed editrice. Successivamente doveva dirigere la galleria d'arte ultramoderna di Peggy Guggenheim a Londra. In quel momento faceva la spola tra Londra e la Cornovaglia, ove possedeva un piccolo cottage, e avrebbe avuto, l'anno seguente, una casa per gli ospiti. Conosceva tutti negli ambienti artistici. Norman Cameron, che era divenuto uno dei più intimi amici di Dylan, si preoccupava, come tanti altri amici di lui, per la sua abitudine di bere a Londra. Aveva proposto alla signora Henderson di invitare Dylan. Non so quale dei racconti di Dylan sia divenuto in ultimo II nipote fosforescente. Esisteva un romanzo di allora intitolato The Venetian Glass Nephew.

 

a Wyn Henderson
9 marzo 1936

Cwmdonkin Drive 5, Uplands, Swansea

 

  Caro (Dylan) Caro (Dylan di nuovo) Wyn, e anche Oswell (se si trova lì).
  Come è gentile da parte vostra fare le fusa parlando di me dopo cena, due gatti satolli e lustri che si strofinano contro le gambe del tavolo e pensano a un macilento uomo del Galles, con un'emicrania da sbornia accumulata per tre settimane e il cuore pieno d'amore e i nervi pieni d'alcool, che si avvilisce sulle sue scartoffie nella villa ipotecata in una fila di abitazioni di professionisti dell'alta borghesia (accanto alla casa del magistrato inquirente) e di fronte a un'altra fila di case (meno lussuose) e a un campo da tennis abbandonato. Era una bella e scorrevole lettera, emersa dalle profondità della cena, e un avvinazzato mantello d'amore l'avvolgeva, ed io vi ringrazio moltissimo, Wyn e Oswell.
  A Wyn privatamente: Come tua mascotte e ospite molto gradito, venire in Cornovaglia mi piacerebbe più d'ogni altra cosa: sembra proprio un posto come quello in cui voglio stare e dove posso scrivere poesie e racconti su becchini vampiri che deflorano le loro figliole con piccolissime falci, e disegnare oscene figurette di ecclesiastici con tre testicoli, e andare nei bar e passeggiare con te. È tutto troppo bello per essere vero; e mi piacerebbe moltissimo. Verrò in città tra una quindicina di giorni: devo incontrarmi con alcuni editori e cercare di spremere loro quattrini dato che non ne ho, e, ritengo, leggere alcune poesie alla radio. Non ci vorrà molto: gli editori fingeranno (probabilmente) di essere sordi, e la radio si guasterà. Se sarai già partita, allora, scoppiettando, per la Cornovaglia, dovrò seguirti e tu verrai a prendermi, sperduto come sarò con birra nella pancia e pagliuzze nei capelli? E se non sarai partita, ma ti starai ancora sfrenando a Bloomsbury (o ovunque tu ti sfreni soprattutto), potremo partire insieme, non è vero? Il che sarà ancora più bello. (Questa lettera, Wyn cara, è formulata in modo troppo eccellente. Ma ho appena finito di scrivere un racconto intitolato II nipote fosforescente; e qualunque cosa faccia adesso, accidenti a me, è letteraria).
  Sicché grazie, Wyn, per l'invito. Spero proprio che non sarai partita quando tornerò a Londra
anche se dovrai andartene e lasciarmi là temporaneamente perché c'è un monte di piccole cose di cui parlare.
  Molto affetto a te (e al vecchio Slime, il Parassita Statale).

 

Dylan

 

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a Richard Church
17 marzo 1936
Cwmdonkin Drive, 5, Uplands, Swansea

 

Caro Richard Church,
  sono dispiaciutissimo di aver tardato a mandarle le mie poesie. Ho pensato molto ad esse e a quel che dicemmo in occasione dell'ultimo nostro incontro. Promisi di mandarle due serie di poesie, una serie contenente le cose recenti, la maggior parte delle quali lei ha già letto, e un'altra di poesie più o meno semplici e non ambigue. Ma non credo adesso che questa sia un'idea molto assennata... o, secondo il mio attuale modo di pensare, molto onesta. Proprio come lei, così disse, considererebbe quasi disonesto pubblicare poesie che non fosse in grado di spiegare alle persone le quali potrebbero acquistarle, io sento che sarebbe disonesto da parte mia tentar di far pubblicare un libro di sole «poesie semplici»; continuerò sempre a tentar di scrivere cose semplici e non ambigue, ma potranno essere soltanto una piccolissima parte della mia opera («la mia opera» suona orribilmente, ma non ci si può far nulla). Voglio fare invece una cosa, includere un certo numero di queste «poesie semplici» in ogni raccolta di nuove poesie che, Dio volendo, potrei pubblicare nei prossimi anni. Lo stesso vale per la raccolta attuale. Come vedrà, quasi tutte le poesie sono le recentissime alle quali lei ha obiettato in passato... insieme ad altre assai meno difficili. Non vorrei che le semplici e le non-così-semplici venissero pubblicate separatamente: in fin dei conti, sono state scritte più o meno nello stesso periodo, e, insieme, rappresentano il mio lavoro dello scorso anno e più.
  Se dopo questa ultima lettura
e, mi creda, non voglio affatto fare il pretenzioso lei dovesse pervenire alla conclusione di non poterle onestamente pubblicare nella sua collana, sono libero di tentar di farle pubblicare altrove? Spero, naturalmente, e in tutta sincerità, che lei potrà pubblicarle; altrimenti, possa venire il giorno in cui nessuna delle mie poesie sarà indecentemente oscura o elegantemente difficile.
  Sinceramente suo,                                          

 

Dylan Thomas

 

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Dylan arrivò a Londra a fine marzo 1936, vi trascorse alcuni giorni e poi si recò in Cornovaglia con Wyn Henderson. Il 20 aprile tornò a Londra per circa una settimana. (Questa che segue, la prima delle sue lettere a Vernon Watkins, ha il timbro postale GWR, o Great Western Railway, e ciò significa che fu affidata direttamente alla carrozza postale del treno). Poi egli tornò in Cornovaglia e vi rimase fino agli ultimi giorni di maggio. Vernon Watkins, anch'egli di Swansea e più anziano di qualche anno di Dylan, aveva letto 18 Poems non appena uscito il libro e si era recato a far visita al giovane poeta. Erano divenuti intimi amici. A partire da quel momento Dylan doveva accettare le critiche particolareggiate di Vernon alle sue poesie come non accettava quelle di nessun altro, e doveva chiederne i consigli tecnici.

 

a Vernon Watkins

20 aprile 1936

Polgigga, Porthcurno, Penzance, Cornovaglia. Lunedì

 

Caro Vernon

  forse è un po' tardi per dire Scusa se non ti ho fatto sapere che non sarei potuto venire a trovarti quella particolare domenica quale che sia stata e per dirti quanto ho sentito la mancanza di le e della non abituale passeggiata e dei crostini abbrustoliti per il le e della poesia dopo il té; ma voglio dirti ugualmente Scusami, e spero che mi perdonerai, e spero, sebbene sia questo il modo errato di esprimersi, che ti sia mancato il tuo sincero compagno dal petto di Britanno, scavalca-dirupi, quanto mi sei mancato tu. Avevo innumerevoli cose stupide e importanti da fare: preparare le valige, scrivere lettere di dovere, mettere insieme carte e prendere il treno serale della domenica; e non sono saltato giù dal letto fino a quando tutte queste cose è stato necessario farle al galoppo. Ora, per cento ragioni, vorrei non essere partito; sono pieno di nostalgia e di un gelo spaventoso, qui i dintorni sono bellissimi, ma per me è una regione strana, tutta scenario e paesaggio, e preferirei il pendio assediato di una collina suburbana, gli Elms, le Acacias, Rookery Nook, Curlew Avenue, a tutti questi chilometri di verdi campi, di dirupi fioriti e di mare monotono che scroscia e scroscia, e di vacche che continuano a sdraiarsi e a sdraiarsi. Non sono tagliato per la campagna; mi piacciono, tutt'al più, l'aspidistra, il viale provinciale, il caffè in mattinata, il bar alla sera; vorrei credere nei vasti spazi aperti come nei muri che ti fasciano tutto intorno, nel tedio ventoso tra casa e casa, tra albergo e cinematografo, tra libreria e stazione della sotterranea; l'uomo si costruì una casa per escludere il mondo e le intemperie, creandosi all'interno un proprio mondo climatico; questo è il guaio della campagna: v'è troppo mondo pubblico tra quelli privati. E vivere nel tuo mondo privato, chiuso tra quattro pareti, nel modo più esclusivo possibile, non è un evadere la realtà, ne sono certo; non si tratta della Torre d'Avorio, e, anche se lo fosse, tu, appartato nella tua torre, conosci e impari il mondo esterno più di colui che sta fuori ed è confuso così personalmente e inestricabilmente con il fango e la gente odiosa scusa, vecchio cristiano e i quattro maledetti venti melmosi.
  Sono stato a Londra solamente per poco più di una settimana, e sono accadute le stesse cose che sempre accadono: ho rispettato grosso modo la metà degli appuntamenti, ho conosciuto la metà delle persone che volevo conoscere e sono stato pienamente all'altezza delle convenzioni della Vita N. 13: promiscuità, liquori, camicie colorate, troppe chiacchiere, troppo poco lavoro. Ho passato le Notti Fuori con quelli insieme ai quali sempre trascorro fuori le notti: Porteous, Cameron, Blakeston, Grigson, e il buon Bill Empson e così via
(Empson, a proposito, è stato molto gentile con me sulla stampa, in una recensione dell'antologia Faber, dicendo, del tutto inesattamente, anche se d'altra parte, eccetera... non potrebbe esservi niente di meglio, per la mia momentanea vanità, del fatto che poco o nulla di importante, tranne Owen e Eliot, si interpone tra Eliot e ME. Ho! Ha!) Ho pranzato inoltre con Papa Eliot, come ti avevo detto; è stato incantevole, un grand'uomo, mi sembra, assolutamente senza pose; avevo un po' di reumatismi, quel giorno, e quasi tutto il tempo lo abbiamo trascorso parlando dei metodi per curarli («mi sembra che l'attacco peggiore lo ebbi nel 1927, e provai l'unguento Easu» ecc.). Sono partito da Londra con il mal di capo, il fegato, e la stanchezza in generale della Vita N. 13, ma ormai mi sono completamente ripreso.
  Polgigga è una minuscola località a tre chilometri o meno da Land's End, e vicinissima a Penzance e a Mousehole (davvero il più bel villaggio dell'Inghilterra). Abitiamo qui nel cottage in un campo, con un giardino pieno di furetti e di api. Ogni volta che vai nel gabinetto in giardino corri il pericolo di essere punto o morso. La mia ospite, o come tu preferisci, ha letto disgraziatamente troppi libri di psicologia, e durante la colazione parla del mio Io; la conversazione di lei è disseminata da frasi come fissazione narcisista e transfert omosessuale; è una creatura molto semplice che cerca di guarire la propria semplicità mediante una scienza la quale, a sua volta, cerca di guarire la malattia di cui soffre. Non credo che sia un modo di dire, qui, in questa casa freudiana, è più vero dell'inferno. Ma te ne parlerò probabilmente quando ci rivedremo durante l'estate... un'estate che aspetto con molta impazienza. La sola cosa che mi sta salvando
salvando, voglio dire, non da una qualsiasi situazione melodrammatica, ma semplicemente dalla pura infelicità è una gran copia di lavoro. Sono arrivato a metà di un altro racconto, e ho più o meno terminato una poesia che voglio mandarti quando ne sarò più soddisfatto. Ma anche in questo caso non sono libero; forse, come tu dicesti una volta, dovrei smettere completamente di scrivere per qualche tempo; ora mi fanno quasi paura tutti gli artifici e le oscurità un tempo necessarie, e non posso, ne andassero di mezzo la vita o la morte, pervenire ad alcuna autentica liberazione, ad alcuna diffusione o diluizione o a niente, nella massa ribollente delle parole; come non mai, sembra che io riponga, pigiandolo ben bene, tutto ciò che ho e che so in una folle valigetta del dottore, per poi chiuderla a chiave: puoi vedere soltanto la valigetta, puoi sapere soltanto che è piena fino all'orlo, puoi essere soltanto certo che le cose invisibili e intangibili messe via sono se solamente si potesse vederle e toccarle molto preziose. Non so, a dire il vero, perché dovrei sfogarmi in questo modo con te, e, con ogni probabilità, annoiarti no, questo è ingiusto, tu non potresti essere uno dei tediati del mondo al contempo. Ma tu sei anche se soltanto momentaneamente la sola persona felice che io conosca, quella che, nonostante i fatti e, in un certo qual modo, le circostanze, sembra essere quasi completamente non complicata: e non si tratta, neppure, dell'assenza di complicazioni di una persona agli inizi, ma di una persona che è passata attraverso tutti gli inizi e trova un nuovo inizio a metà e voglio sperarlo per la tua felicità attuale un inizio alla fine. Tutto questo non è chiaro, naturalmente. Tu, lo so, potresti, e vorresti, se potessi, aiutarmi parlandomi. Non temo ne abbiamo parlato, ricordi una qualsiasi improvvisa cessazione o un inaridimento, un arrivare alla fine, un estinguersi (sentimentalmente parlando) dei fuochi; quello che temo è una crescita incarnita, l'impulso che cresce, simile a un'unghia del piede, nell'artificio. Parlamene, vuoi è con ogni probabilità un compito terribile quello cui cerco di indurti in qualunque modo, con le parole che vorrai. E dimmi che cosa stai facendo e scrivendo. Ti scriverò ancora presto, una lettera più chiara, meno faccia-in-giù-nella-terra, meno con-la-benda-sugli-occhi.
  Sempre tuo,                                                             

 

Dylan

 

  Dio, per poco me ne dimenticavo.
  Sei ricco temporaneamente? Non mi presteresti un po' di soldi, una sterlina, o, al massimo, due sterline? Ho un debito bestiale e vitale
piuttosto ingente da pagare entro pochi giorni. Posso se sei davvero danaroso momentaneamente, e, se non lo sei, non pensarci più e continua a scrivere la lunga lettera che mi scriverai restituirteli senz'altro la settimana prossima. Naturalmente non stare a crucciarti, se sei a terra o stai risparmiando in vista delle vacanze, posso trovare altrove poche sterline, anche se non, signor Watkins, senza alcun imbarazzo come posso chiederle a te.
  Sempre tuo di nuovo,                                                        

 

D.

  [PS. a matita]

 

  Le istantanee scommetto di no sono venute bene, o per niente?

 

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Quasi certamente Dylan conobbe la sua futura moglie, Caitlin Macnamara, durante questo viaggio a Londra a fine aprile del 1936. Nel frattempo, Richard Church aveva accettato di pubblicare il suo secondo volume di poesie.


a Richard Church
1° maggio 1936

Polgigga, Porthcurno, Penzance, Cornovaglia

 

Caro Richard Church,
  sono tanto, tanto contento che lei pubblichi le mie poesie. Sapendo che cosa pensa della loro oscurità e della loro (occasionale) voluta eccentricità, nonché dei suoi obblighi, sia come editore sia come poeta, nei confronti del pubblico che ha già creato pubblicando l'opera di tanti tra i più Intelligibili Giovani, apprezzo la decisione di consentire che io e il pubblico «ci affrontiamo». Posso soltanto sperare che le poesie giustificheranno, in qualche modesto modo, la fiducia da lei riposta in esse... una fiducia che forse prevale sul giudizio.
  Tra meno di un mese sarò probabilmente in grado di farle avere le altre sei poesie che le occorrono: due nuove, per completare la lunga poesia della quale lei ha le prime otto parti, e quattro più giovanili scelte e rivedute.
  Sono molto lieto inoltre che le sia piaciuto il mio racconto in «Comment». Di recente sono stati pubblicati numerosissimi miei racconti, più o meno dello stesso genere, e ne ho messi insieme abbastanza per formare un volume. So che lei non pubblica affatto racconti; se li pubblicasse, le avrei mandato senz'altro il libro affinché lo esaminasse severamente. (Temo di non riuscire a scrivere frasi come si deve con la macchina per scrivere). Per il momento, invano mi sto guardando attorno in cerca di un editore ingenuo che non si curi di perdere denaro per venti racconti difficili e violenti.
  Un giorno spero, come lei suggerisce, di scrivere un libro sul mio mondo giovanile; ma non mi sento abbastanza sicuro di me stesso per poterlo tentare sotto forma di romanzo. Ciò a cui ho pensato di recente è un libro sul Galles con un esile tema centrale narrativo, una certa dose di autobiografico, ed anche un vero e proprio Viaggio del genere più popolare (il Bad Companion's English Journey, il Viaggio scozzese di Muir ecc.). È difficile scrivere di queste cose in una lettera, ma mi piacerebbe parlarne con lei quando verrò in città tra un mese. Non potremmo accordarci per pranzare insieme? Le farò sapere la data esatta del mio ritorno. Sono certo che se fosse così gentile da parlare con me di questa idea gallese, si chiarirebbero tutti gli aspetti vaghi della cosa ed io avrei qualcosa di pratico e di (quasi) commerciale su cui lavorare.
  Voglia scusare questa lettera scritta in modo così trascurato. E grazie ancora per tutto l'incoraggiamento.
  Sinceramente suo,                                          

 

Dylan Thomas

 

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Si recò a Londra per la mostra surrealista ai primi di giugno, quindi andò a Swansea e tornò a fine giugno per partecipare a una lettura di poesie, collegata alla mostra, in onore di Paul Eluard, il 26 giugno. Dylan lesse una cartolina postale. Durante questo soggiorno si incontrò con John Johnson, allora legato al Teatro di Gruppo di Rupert Doone, il quale gli propose di scrivere una commedia. Nigel Henderson è il figlio di Wyn Henderson. La commedia non fu mai scritta.

 

a Nigel Henderson
7 luglio 1936
Cwmdonkin Street, 5, Uplands, Swansea

 

Caro Nigel,
  grazie infinite per i giornali; ho lavorato alle poesie e ho bruciato le indiscrezioni. Avrei dovuto scriverti e ringraziarti già da settimane, ma ho perduto il tuo indirizzo, e la lettera che mi scrivesti mi ha inseguito dappertutto; è arrivata stamane. Mi dispiace che tu non mi abbia dato di gomito alla mostra; in realtà non si trattava di una conversazione seria; probabilmente facezie.
  A proposito del Teatro di Gruppo: avevo bevuto qualcosa con John Johnson circa dieci giorni fa, ma senza potergli offrire un granché. Ho pensato di scrivere una commedia Orribile, per la massima parte in prosa, con cori in versi, e ho delineato alcune parti della trama; ma vorrei incontrarmi con Doone prima di accingermi a scriverla, in quanto, senza una sorta di garanzia che verrà rappresentata, non me la sento per il momento di dedicarle un mucchio di tempo... non posso, in effetti, perché devo recensire innumerevoli romanzi gialli per pagarmi la birra, le camicie e le sigarette.
  Tornerò in città ai primi di agosto. Se sarai là, allora, forse potremmo combinare un incontro tra Doone, te e me? E se hai un mio cappello verde, sii un angelo e mandamelo; qui piove continuamente, e la tesa si sta distaccando.
  Ti scriverò un rigo non appena saprò le date precise per quanto concerne Londra.
  Grazie ancora,
  Tuo,                                                                        

 

Dylan

 

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II suo primo incontro con Richard Hughes ebbe luogo il 15 luglio 1936. Augustus John e Caitlin arrivarono al castello di Laugharne lo stesso giorno. Come dimostra la successiva descrizione fatta da John dell'incontro, egli ignorava, e continuò a ignorare, che Dylan e Caitlin fossero già amanti.

 

a Richard Hughes
14 luglio 1936
Cwmdonkin Drive, 5, Uplands, Swansea

 

Caro Richard Hughes,
  domani vado a Fishguard in automobile, e passerò spaventosamente vicino a Laugharne. Spero che lei ci sarà perché noi
cioè il pittore Alfred Janes ed io gradiremmo moltissimo farle visita. Potremo, non è vero, passare nel pomeriggio? Spero di trovarla, come non accadde l'ultima volta.
  Sinceramente suo,                                          

 

Dylan Thomas

 

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Prima di partire per Laugharne, scrisse a John Johnson. Betty Boop era un personaggio di caricature a fumetti di quel periodo, bionda, ricciuta e paffuta. John Johnson non ricorda chi fosse la donna, ma rammenta che rimase seduta, in silenzio, mentre lui e Dyliin conversavano. Sembra probabile che si fosse trattato di Caitlin. I racconti sono i suoi primi, fantastici, macabri, persine surrealisti, alcuni dei quali apparvero in The Map of Love nel 1939, mentre gli altri furono pubblicati dopo la sua morte.

 

a John Johnson
15 luglio 1936
Cwmdonkin Drive 5, Uplands, Swansea

 

Caro John Johnson,
  grazie per la sua lettera. È spiaciuto molto anche a me che non ci sia stato possibile rimanere insieme più a lungo, ma la colpa
questo è il mio settimanale giorno dei pentimenti è stata tutta mia. Avrei dovuto pranzare con lei e non limitarmi a mandar giù qualche liquore con Betty Boop. Trovo sempre che il pranzo a Londra è una deliberata menzogna; la prossima volta che ci incontreremo, accordiamoci per bere insieme.
  Spero di poter incominciare prestissimo una commedia; e mi rendo conto, naturalmente, che non può esservi alcuna garanzia di rappresentarla. Sono contento, però, che lei sia disposto ad aiutarmi a facilitare le cose.
  Le manderò i racconti, sedici. Quattro o cinque sono sentimentali e forse insignificanti
spero di no, perché mi sembrano per lo meno leggibili all'inizio della prossima settimana. Parto stamane per essere lussuosamente ospitato da Richard Hughes in un castello, altrimenti potrei spedirli prima. Mi auguro che il ritardo non sia troppo lungo. E grazie infinite per aver voluto prendersi questo disturbo. Dubito però che un editore affermato, commercialmente affermato, sarebbe molto interessato; alcuni considerano i racconti osceni e talora blasfemi e probabilmente lo sono. Ma vedrà lei stesso, in ogni modo, e grazie di nuovo per aver voluto leggerli.
  Penso che sarò in città durante il mese di agosto; glielo farò sapere prima e berremo qualcosa insieme.
  Suo,                                                               

 

Dylan Thomas

 

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Twenty-five Poems fu pubblicato il io settembre 1936. Una settimana prima, Dylan scrisse a Edith Sitwell, che presumibilmente stava già scrivendo l'entusiastica recensione della sua poesia per il «Sunday Times», una recensione che contribuì, più di ogni altro annuncio, a richiamare sul libro l'attenzione del grande pubblico. Questa è l'unica lettera di Dylan a lei che ci rimanga.


a Edith Sitwell
2 settembre 1936
Cwmdonkin Drive 5, Uplands, Swansea

 

Cara Miss Sitwell,
  so che non potevo aspettarmi una risposta alla mia lettera di tanti mesi fa. Fui spaventosamente sgarbato a non farmi vivo e tutto il resto, e capisco benissimo che lei non abbia risposto alla mia stupida lettera di scuse. Ma spero che non sia realmente arrabbiata con me, e davvero lei deve credere che mi rammarico
più che per ogni altra cosa al mondo di non aver coltivato l'amicizia incominciata tra noi, penso. Vuole incontrarsi ancora con me, nonostante tutto? Lei continua ad essere un grande incoraggiamento per me e sempre lo sarà ed io gliene sono grato.

  Molto sinceramente suo,                                 

 

Dylan Ihomas

 

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Come dimostra la lettera seguente, Glyn Jones, che si guadagnava il pane facendo il maestro di scuola, si era sposato di recente. La sua recensione di Twenty-five Poems nell'«Adelphi» era stata favorevolissima, anche se con qualche riserva. Il primo volume di racconti pubblicato da Glyn Jones si intitolava The Blue Bed. Hamish Miles era direttore editoriale presso la casa editrice di Jonathan Cape.

 

a Glyn Jones

dicembre 1936

Cwmdonkin Drive, Uplands, Swansea

 

Caro Glyn,
  mi ha fatto molto piacere ricevere tue notizie; è passato tanto di quel tempo; e sebbene io sapessi più o meno che una lettera indirizzata alla tua scuola ti avrebbe raggiunto, sono stato, per qualche motivo, realmente in dubbio sull'opportunità di scrivere: sembrava che tu fossi scomparso così efficacemente a Cardiff e nel matrimonio, che io mi domandavo se non fossi irritato con me in qualche modo vago per Puna o per l'altra ancor più vaga cosa che avevo potuto dire o fare. Sono felicissimo di sapere che non si tratta affatto di questo, penso che siamo stati entrambi soltanto negligenti. Come stai? Ti vedo molto spesso nell'«Adelphi», ma hai rinunciato al giornale di Grigson e al resto? Non avevo saputo del libro di racconti; è magnifico. Come si intitolerà? Mi sembra di aver già conosciuto Hamish Miles. (calvo?)
  E a proposito della recensione: naturalmente non ho pensato che fosse ingiusta; è forse la migliore che abbia letto del libro, e mi ha aiutato molto; era davvero costruttiva; non avevo mai saputo, ad esempio, di essere un demone così numerico. E concordo con quanto hai detto di alcune poesie che sono «abbastanza pulite» ma così deboli in confronto con alcuni dei precedenti esempi di enfasi esplosiva; è vero, e forse sono stato sciocco a consentire che quelle poesie «pulite» venissero pubblicate, più come una concessione ai denigratori dell'oscurità che per ogni altra ragione. Tu sei il solo recensore, credo, che ha commentato i miei tentativi di discostarmi da quei vicoli ciechi ritmici e tematici, da quel compatto muro fisico, da quegli uteri e quei punti fermi di vermi, ricorrendo a ogni genere di metodi... molti dei quali falliti. Ma non mi dispiace che, in quella poesia del Lavoro in corso, abbia portato «certe caratteristiche alla loro conclusione logica». Bisognava farlo, io credo; il risultato doveva essere, almeno in molte delle frasi e dei versi, una pazza parodia; e sono lieto di aver parodiato quelle caratteristiche così presto dopo averle create, e di non aver lasciato tale compito a nessun altro.
  Ma, personalmente, mi spiace che tu non abbia accennato a quella particolare poesia del libro
Allora fu il mio neofita che io ritengo fosse la migliore. Nessuno ne ha parlato; forse è brutta; so soltanto che per me è la più chiara e la più definita, e che contiene più possibilità di progresso di ogni altra cosa da me scritta. Ma grazie molte, grazie tante per la tua recensione. Ho paura che non tornerò fino alla metà della prossima settimana. Se tu sarai ancora lì, il mio indirizzo sarà St Peter's Square, 27, Hammersmith, W.6. Non conosco il numero di telefono, ma potrai averlo dall'ufficio informazioni; è l'appartamento di Cameron, ma siccome vi ha appena traslocato, presumo che il suo nome non figuri nell'elenco. E in ogni modo, se non ti troverai a Londra allora, non potresti venire a trovarmi per un giorno nel nuovo anno? Rimarrò a casa per quasi tutto gennaio. Oppure potrei venire io a trovarti? Aspetto con impazienza l'una o l'altra cosa... moltissimo.

  Tuo,                                                                           

 

Dylan